Roberto Gremmo
EUGENIO CURIEL DALL’ESOTERISMO
ALL’INTRIGO FUNESTO
L’antroposofia, l’operismo corporativo e
la cospirazione antifascista
Fermato il 7 maggio 1939 dalla Polizia
confinaria Svizzera per una banale infrazione, Eugenio Curiel
confessò senza timore di essere un militante dell’organizzazione
socialista clandestina italiana.
A causa di questa leggerezza la
Polizia fascista lo individuò come un pericoloso nemico del Regime e
l’arrestò, inviandolo al confino.
Fino a quel momento, il giovane
professore era noto ed apprezzato all’Università di Padova come
convinto sostenitore dell’operaismo corporativista fascista.
In realà, come doveva confessare,
da tempo frequentava all’estero i massimi dirigenti del “Partito
Comunista Italiano” con cui aveva concordato un’abile azione di
‘opposizione legale’ antifascista in Italia ed una delicata
‘missione’ tesa a favorire la subalternità dei socialisti alle
profferte pelosamente unitarie di Stalin.
Nessuno sapeva che, nel profondo
dell’anima, Curiel era un seguace delle teorie esoteriche di Rudolf
Steiner e nei suoi scritti giovanili aveva decantato la medtazione
buddista e s’era mostrato convinto a voler percorrere il cammino
iniziatico verso una perfezione spirituale.
Questo non gli aveva impedito di
compromettersi nella cospirazione politica, diventando uno dei
compilatori dei giornali clandestini del P.C.I. e finendo ammazzato
il 24 febbraio 1945 da una squdraccia di sicari fascisti.
Solo nel Dopoguerra, e a fatica,
emerse la natura più riposta di Curiel come ‘steineriano’
ermetico e misterioso proprio mentre veniva esaltato come un virtuoso
esempio di militante antifascista e di martire della lotta di
Liberazione.
Tuttavia il fragile ‘mito’
crollò quando vennero scoperti i documenti che sembravano provare il
suo ‘cedimento’ alla Polizia del Duce. Ma erano accuse
strumentali e sleali.
Il personaggio Curiel era invece
d’una levatura fuori del comune proprio grazie alla formazione
culturale ‘steineriana’ degli anni giovanili.
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